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Chapter 116


"La fame, ragazzo mio, non è una buona ragione per potere appropriarsi la roba che non è nostra..."
"È vero, è vero!" gridò Pinocchio piangendo, "ma un'altra volta non lo farò più."

A questo punto il dialogo fu interrotto da un piccolissimo rumore di passi, che si avvicinavano. Era il padrone del campo che veniva in punta di piedi a vedere se qualcuna di quelle faine, che mangiavano di nottetempo i polli, fosse rimasta al trabocchetto della tagliuola.
E la sua maraviglia fu grandissima quando, tirata fuori la lanterna di sotto il pastrano, s'accorse che, invece di una faina, c'era rimasto preso un ragazzo.
"Ah, ladracchiòlo!" disse il contadino incollerito, "dunque sei tu che mi porti via le galline?"
"Io no, io no!" gridò Pinocchio, singhiozzando. "Io sono entrato nel campo per prendere soltanto due grappoli d'uva!..."
"Chi ruba l'uva è capacissimo di rubare anche i polli. Lascia fare a me, che ti darò una lezione da ricordartene per un pezzo."
E aperta la tagliuola, afferrò il burattino per la collottola e lo portò di peso fino a casa, come si porterebbe un agnellino di latte.
Arrivato che fu sull'aia dinanzi alla casa, lo scaraventò in terra: e tenendogli un piede sul collo, gli disse:
"Oramai è tardi e voglio andare a letto. I nostri conti li aggiusteremo domani. Intanto, siccome oggi mi è morto il cane che mi faceva la guardia di notte, tu prenderai subito il suo posto. Tu mi farai da cane di guardia."